La presenza umana nel territorio del Parco ha origine antichissime. Forme di trogloditismo civile sono conosciute sin da 750.000 anni fa e cioè da quando l’uomo cominciò a padroneggiare l’uso del fuoco. Le abitazioni trogloditiche in grotte naturali divennero pressoché comuni nel periodo glaciale denominato Würmiano, ossia nel Paleolitico medio (80.000 – 50.000 anni fa) e nel Post Würmiano. Il Neolitico è invece caratterizzato dalle prime tracce di adattamento artificiale di grotte naturali alle esigenze umane nel frattempo accresciutesi.
Le prime testimonianze nell’area delle gravine le possiamo quindi già riscontrare durante l’Età del bronzo che rivelano come il territorio tarantino avesse già grande rilievo come documentato da tutta un’articolata tipologia funeraria che è caratteristica di questo periodo.
Nel corso dell’Età del Ferro, o Villanoviana (X-VIII secolo a.C.), comparvero nuove relazioni interregionali (con la preminenza, forse, di una matrice balcanica) che, interagendo con le istanze locali, diedero vita ad una cultura nuova, la prima propriamente regionale, denominata iapigica.
Da un punto di vista urbanistico questa condusse a termine il processo, da lungo già avviato, di progressivo concentramento degli insediamenti, con il contestuale abbandono delle grotte ad uso abitativo.
In Età Classica, quindi, l’abitazione ipogea sembra essere poco usata nell’Europa temperata, mentre in Età Preistorica le grotte erano state abitate dall’uomo prevalentemente per difendersi dal freddo della glaciazione Würmiana, mentre in epoche storiche più recenti le motivazioni sembrano essere esattamente opposte e quindi legate al differente andamento climatico.
Il ritorno, quindi, dell’importanza relativa degli insediamenti rupestri si presenta più in là nella storia e precisamente nel cosiddetto Alto Medioevo dove prese le mosse la cosiddetta “civiltà rupestre” con la realizzazione delle prime strutture civili e religiose nelle gravine e nelle loro immediate vicinanze, rimaneggiando, in molti casi, le preesistenti strutture neolitiche. Tale fase storica si protrasse quasi ininterrottamente dal 680 all’850 circa, fino alla conquista dei Saraceni, ed al successivo ritorno dei Bizantini (880). L’Alto Medioevo si pone in netta discontinuità con il sistema economico-sociale tardoantico, in quanto la ricorrenza di guerre, pestilenze, mutamenti climatici e crollo demografico esaurirono lo slancio che aveva ispirato il sistema agrario tardoantico. L’occupazione longobarda creò le condizioni per l’instaurarsi di un nuovo modello insediativo del territorio favorendo l’aggregazione della popolazione mediante la costruzione di chiese e monasteri rurali. In questa nuova trama insediativa, del tutto spontanea, si iscrive anche la gran parte degli insediamenti rupestri.
Successivamente al periodo bizantino e precisamente tra il XIV e il XV secolo la vicenda trogloditica pugliese si avvia al suo epilogo. Infatti la crisi e lo spopolamento di molti villaggi, in questo periodo, si accompagnarono al più generale fenomeno di crescita dell’importanza delle città a svantaggio del contado.
A questo si deve aggiungere l’entità del mutamento climatico che favorì nel nostro territorio una generalizzata decadenza dell’uso abitativo della grotta, verificatasi a partire da quei secoli anche nelle cittadine sorte su insediamenti trogloditici, in quanto, nel XIV secolo si assistette ad una brusca degradazione climatica, preludio della cosiddetta piccola età glaciale. Nella Puglia il periodo particolarmente fresco e umido si protrasse sino alla metà del Cinquecento, quando inizio la vera e propria piccola età glaciale, i cui rigori si sentirono sino alla metà dell’Ottocento.
E’ evidente che il nuovo regime climatico doveva aver mutato abbastanza rapidamente le condizioni di zona arida, entro le quali era stata maturata la scelta trogloditica del coloni bizantini: non aveva, perciò più molto senso rimanere nelle gravine, visto che l’acqua era abbondante in ogni zona del territorio, né vivere nelle grotte, dato che la temperatura media si era di molto abbassata in ogni stagione.
Quindi, sia per motivi storici che per motivi climatici, la “cosiddetta civiltà rupestre” conosce il suo epilogo regalandoci, però, per l’oggi, stupende testimonianze di un lungo e stratificato passato dominato da influssi stranieri che hanno così caratterizzato il nostro territorio e che rappresentano un indubbio patrimonio da valorizzare e proteggere.