Ecosistemi

ll Parco, dopo l’ultima modifica istituzionale, ha un’estensione di 25.287 ettari ricompresi entro i confini dei comuni di Ginosa, Laterza, Castellaneta, Palagianello, Mottola, Palagiano, Massafra, Statte, Crispiano, Martina Franca, Montemesola, Grottaglie e San Marzano di San Giuseppe in provincia di Taranto, e Villa Castelli in provincia di Brindisi.

Il Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine, è la terza area protetta pugliese dopo il Parco Naturale del Gargano e quello dell’Alta Murgia e protegge un’estesa area che si snoda per quasi tutto il territorio provinciale da Ovest ad Est e che presenta importanti valori storici, antropologici, culturali, paesaggistici e naturalistici: gli agroecosistemi a colture estensive come gli uliveti secolari, i seminativi, i pascoli, gli habitat steppici, le foreste a fragno, roverella e leccio, la macchia mediterranea, la gariga, gli ambienti rupicoli, le aree umide.

Tra gli elementi naturali più significativi e spettacolari sono da segnalare le “gravine” che danno il nome all’area protetta e che caratterizzano l’anfiteatro tarantino: si tratta di imponenti incisioni carsiche nei terrazzamenti calcarei e calcarenitici dell’altopiano delle Murge che hanno avuto origine a partire da circa 125.000 anni fa. Assai diffusi gli habitat steppici e di gariga che conservano specie di interesse conservazionistico come il Lino delle fate (Stipa austroitalica ssp. austroitalica) e numerose specie di orchidee.

Molto diffusa è la presenza di macchia mediterranea, sia alta che bassa, che in molti casi rappresenta una successione secondaria di vegetazione spontanea e legata ai millenari interventi sul territorio effettuati dall’uomo. Rilevante anche la presenza di boschi cedui di Fragno (la tipica quercia pugliese) consociato a Roverella, Orniello, Carpino bianco e nero, Frassino meridionale, Acero minore e nelle stazioni più calde e rustiche il Leccio. Tra i boschi vanno segnalati anche quelli a Pino d’Aleppo, sia di natura antropica, che quelli rinvenienti sui fianchi di alcune gravine, come quella di Montecamplo, probabilmente indigeni. Particolarmente importanti sono gli habitat rupestri, che sono quelli che di meno hanno risentito delle trasformazioni antropiche e che custodiscono ancora specie di notevole interesse conservazionistico e fitogeografico, a testimonianza delle tormentate vicende geologiche del territorio e che permettono di gettare uno sguardo su flore appartenenti a contesti transnazionali (Balcani ed Egeo). 

Nonostante l’ambiente arido e siccitoso non è trascurabile la presenza di zone umide, in particolare sul fondo delle gravine, sotto forma di torrenti, e di carattere stagionale.
La nostra Penisola, che dalla fine del Cretaceo a tutto il Pleistocene ed oltre andava gradatamente ad emergere dal fondo dei mari terziari, risentiva delle variabili condizioni climatiche che si andavano instaurando e diventava terra di colonizzazione per specie provenienti oltre che dall’Europa centro-settentrionale anche dall’Asia e dall’ Africa, giovandosi in larga misura di questi collegamenti per il passaggio e lo stanziamento delle flore e delle faune.

All’accattivante aspetto geomorfologico si affianca quello vegetazionale e faunistico, non meno interessanti perché è doveroso premettere che Italia e Francia- segnatamente la nostra Penisola per ciò che riguarda le estreme regioni meridionali – presentano un numero di forme e di razze floro-faunistiche maggiore che il rimanente d’Europa, ed in genere di tutta la zona Paleartica.

Specie nei territori del meridione d’Italia, infatti, sono arrivate ed hanno fatto capo in gran numero i costituenti dei flussi di migrazione, da oriente ad occidente, provenienti dalle tre sole vie seguite nei vari periodi geologici: la via Meridionale o Africo-Iberica, la via Centrale o Egeo-Dinarica-Piemontese, ed infine la via Settentrionale o Siberio-Russa.

In particolare la Puglia, a causa dell’ampio collegamento che ebbe nel Miocene con la grande “placca continentale paleoegeica”, fu resa ricca di specie e di forme floro-faunistiche a distribuzione egeica, sud-balcanica e orientale, con un dovizioso contingente di specie balcaniche (transadriatiche) ed egeiche (transjoniche), segnatamente per quanto riguarda l’area delle Murge centro-meridionali, quella delle gravine e la Penisola Salentina. Per non parlare poi del fatto che accanto a questo, devonsi aggiungere numerose altre, come le eurasiatiche, le pontiche, in uno a quelle più marcatamente europee, ed ancora le appenniniche, le mediterranee, ed altre ancora a completare un quadro già abbastanza nutrito.

Le gravine, in particolare, hanno assunto una grande importanza fitogeografica e zoogeografica che si aggiunge a quella floro-faunistica, proprio perché dotate di particolari condizioni fisiche, geomorfologiche e bioclimatiche, con innumerevoli “nicchie ecologiche” in cui si sono insediate, addirittura relitte, flore e faune preziosissime rivenienti, come abbiamo visto, dai più disparati scacchieri geografici.

Così, l’ambiente delle gravine non costituisce certo un’area ecologica omogenea. È infatti estremamente interessante assistere alla coesistenza, anche in pochi metri, di ambienti tanto diversi, come greppi rocciosi ed assolati, rupi umide e stillicidiose (es.: greppo destro gravina di Laterza, al “Passo di Giacobbe”), boschi, prati aridi, siepi, pantani ed effimeri torrenti, aree a macchia e pietraie, cavità e grotte più o meno umide ed ombrose, antichi orti e giardini abbandonati, prati fioriti e ruderi, cascate d’acqua (es.: gravina di Riggio-Grottaglie).

Altra rilevante caratteristica è data dal fatto che le gravine possono fare da “canale di penetrazione” nell’entroterra di specie floristiche ad areale generalmente paralitoraneo, che possono così ritrovarsi sin nel cuore della Murgia, e comunque costituire sicuro ostello per specie floro-faunistiche ormai scomparse nelle aree circostanti.

Notevole, infine, il ritrovamento sul fondo delle gravine di specie mesofile che di norma vivono a quote superiori ai 500 metri (per il ben noto fenomeno dell’“inversione termica”), come il Carpino nero (Ostrya carpinifolia), il Carpino orientale (Carpinus orientalis) a gravitazione transadriatica, l’Acero minore (Acer monspessulanum).